Anno XXIII • N°3 • Luglio Settembre 2019

EDITORIALE

di Marco Tupponi

In data 19 giugno 2019 FEDERUNACOMA che è la Federazione Nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura, costituita nel 2012 come proseguimento in forma federativa delle attività di Unacoma (Unione Nazionale Costruttori Macchine Agricole nata nel 1945) e che raggruppa, rappresentandole in Italia e all’estero, le associazioni dei costruttori italiani di macchine agricole operatrici (Assomao), di macchine agricole operatrici semoventi (Assomase), di trattori (Assotrattori), di componenti per i vari comparti rappresentati (Comacomp) e di macchine per il giardinaggio (Comagarden) ha firmato, nella persona del proprio Presidente Dott. Alessandro Malavolti, una Convenzione con lo Studio Tupponi, De Marinis, Russo & Partners nella persona del suo legale rappresentante Avv. Marco Tupponi e con COMMERCIOESTERO S.r.l. nella persona del suo Amministratore Unico Dott. Giuseppe De Marinis sui servizi in tema di Internazionalizzazione da erogare ai propri Associati.
I servizi che verranno erogati, a titolo esemplificativo, riguarderanno: i servizi di assistenza legale (contrattualistica e societario internazionale), doganale, fiscale internazionale, pagamenti internazionali, ricerche di mercato e di partner commerciali (compratori, agenti, distributori), pareristica, export checkup, piani di marketing aziendali, assistenza alla progettazione europea e formazione nell’ambito dell’internazionalizzazione di impresa, redazione di contratti di rete.
Essendo la Commercioestero S.r.l. accreditata al M.I.S.E. al n. 214 per erogare i Progetti TEM gli Associati FederUnacoma possono contare anche su questo canale per finanziare la propria espansione sui Mercati Esteri. Si noti che l’accreditamento al M.I.S.E. oramai è quasi sempre diventata la condicio sine qua non anche per poter erogare servizi su base Regionale.
La Convenzione avrà validità 12 mesi.
I riferimenti operativi di Federunacoma per la gestione delle attività discendenti dalla presente Convenzione sono i Dott.ri Alessio Nanni e Fabio Ricci.
Questo tipo di Convenzioni per così dire “a tutto tondo” sulle tematiche dell’Internazionalizzazione danno indubbi vantaggi per entrambe le Parti in quanto l’Associazione di Categoria, nel caso specifico FederUnacoma, ha un solo interlocutore, il Gruppo Tupponi, De Marinis, Russo/Commercioestero, ed il Gruppo Tupponi, De Marinis, Russo/Commercioestero ha un numero di imprese concentrate per settore o per dimensioni a cui proporre la propria consulenza globale.
Abbiamo in essere altre Convenzioni del genere se chi legge questa Rivista vorrà approfondire un’idea di convenzione con i propri associati siamo disponibili a discuterne gli ambiti ed i costi e le modalità di erogazione dei servizi.
Si tenga presente, da ultimo, che il Gruppo Tupponi, De Marinis, Russo/Commercioestero è titolare di una propria piattaforma web per erogare anche servizi o formazione da remoto.

A proposito di…

di Marco Tupponi

Riflessioni sulla limitazione di responsabilità del produttore / “fabbricante” in relazione alla direttiva macchine

E’ necessario premettere che la direttiva macchine è norma imperativa e come tale non può essere derogata.
Invece si può intervenire su alcune espressioni generiche da essa utilizzata.

Si precisa che le successive brevi note non riguardano gli aspetti penali, giuslavoristici e di progettazione, bensì quelli meramente civilistici/contrattuali e certificativi.

Il primo e più importante meccanismo per limitare la responsabilità del Fabbricante è rendere chiare ed esplicite le informazioni, le avvertenze e le istruzioni per l’uso.

Infatti la regolamentazione relativa alle informazioni, che sostituisce quella indicata nella Direttiva 98/37/CE con il termine “segnalazioni”, acquista un’importanza sostanziale dal momento che individua le indicazioni che a vario titolo devono accompagnare la macchina e che costituiscono a tutti gli effetti indicazioni di sicurezza.
Tali istruzioni per l’uso, così come indicato all’interno della direttiva macchine limitano le responsabilità del fabbricante e riducono i rischi per l’utilizzatore, di fatto ottimizzando due aspetti fondamentali per la sicurezza degli individui ed il miglioramento continuo dei prodotti.

Il secondo meccanismo per limitare la responsabilità del Fabbricante chiama in causa l’istituto della Clausola penale che come recita l’art. 1382. c.c. è la clausola, con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.
Tale clausola se calibrata bene ha l’effetto, come dice il dettato normativo, di limitare l’ammontare del risarcimento del danno.

Il terzo meccanismo per limitare la responsabilità del Fabbricante è predisporre, in caso dell’insorgenza di problemi, una procedura oggettiva, articolata di accertamento dell’accaduto e dell’eventuale danno, chiamando in causa un Ente terzo super partes già opportunamente indicato nel contratto.

Attenzione su…

di Michiele Lenoci

Le importazioni dell’Ucraina sono cresciute del 15% nel 2018

Gli ultimi dati forniti dal Servizio fiscale dello Stato dell’Ucraina sul commercio estero indicano che questo è aumentato del 12% lo scorso anno rispetto al 2017, raggiungendo quasi 105.000 milioni di euro. Le importazioni sono state le più dinamiche in questo periodo, crescendo del 15% e rappresentano 56,854 milioni di dollari, mentre le esportazioni sono aumentate del 9% per raggiungere i 47,334 milioni di dollari. Macchinari, attrezzature tecniche e dei trasporti hanno rappresentato il 30,6% degli acquisti totali del Paese con circa 17.500 milioni di dollari, mentre combustibili e prodotti energetici hanno raggiunto il 23,8% del totale, con un valore stimato di oltre 13.500 milioni di dollari. I prodotti dell’industria chimica, con una quota del 18% e 10.603 milioni di euro, sono al terzo posto, mentre è stato anche osservato un significativo aumento degli acquisti in una vasta gamma di prodotti come gli agrumi, le cui importazioni sono aumentate del 26% fino a 216 milioni, dove la Spagna ha perso la sua terza posizione come fornitore a scapito dell’Italia. Per quanto riguarda la struttura geografica degli scambi di beni nel 2018 si osserva un rafforzamento delle relazioni con il blocco economico del gruppo UE che ha firmato nel 2014 un accordo di associazione e già gestisce circa il 43% delle sue esportazioni. In questo senso il Presidente della Repubblica, Petro Poroshenko, ha recentemente dichiarato che “le nostre priorità per lo sviluppo degli scambi commerciali con l’Unione europea sono il rafforzamento della cooperazione doganale, la conclusione di un accordo sulla valutazione della conformità e l’accettazione dei prodotti industriali, così come l’adeguamento della nostra legislazione nel campo della salute e della biosicurezza”. Nel frattempo il commercio con i Paesi della Comunità degli Stati indipendenti, tra cui la Russia, è sceso al 15% rispetto al 23% raggiunto nel 2017.

Accordo commerciale UE – Mercosur dopo 20 anni di trattative

Lo scorso 27 giugno è stato firmato l’accordo commerciale tra la UE ed il Mercosur per il libero scambio commerciale tra le due aree, anche se il testo deve ancora ottenere l’approvazione degli Stati membri e del Parlamento europeo, che potrebbe richiedere modifiche. L’accordo consentirà alle aziende europee di vedere eliminati circa 4 miliardi di euro di dazi, che andranno a beneficio soprattutto dell’industria automobilistica (che fino ad oggi ha dazi del 35%), macchinari (14% -20%), prodotti chimici (18%) e farmaceutico (14%). Ma abbatte anche le barriere in settori come il tessile, le calzature, i vini e i liquori. In cambio, l’Accordo aumenterà le esportazioni, che sono principalmente prodotti agricoli e zootecnici, dai paesi del Mercosur all’Europa. Quest’ultimo punto preoccupa alcuni paesi come Francia, Irlanda, Belgio e Polonia che temono rischi per la loro agricoltura. Si tenga presente che le esportazioni del Mercosur verso l’UE hanno raggiunto 42,6 miliardi di euro nel 2018, mentre nella direzione opposta hanno raggiunto 45 miliardi di euro. Quasi la metà del commercio del Mercosur corrisponde all’agricoltura e all’allevamento, mentre nel caso dell’UE questi prodotti rappresentano solo il 5% delle vendite. Il Mercosur è il principale fornitore di prodotti agricoli nell’UE con il 20% e quasi il 70% dei prodotti destinati all’alimentazione animale, principalmente dal Brasile; anche circa l’80% delle carni bovine importate proviene da quella zona.

L’e-commerce in Svezia cresce del 15% nel 2018

Secondo il rapporto pubblicato dalla Commissione Europea, “Digital Economy and Society Index, DESI 2019”, la Svezia si è classificata seconda nella classifica tra i 28 paesi membri dell’Unione Europea dietro al suo paese limitrofo, la Finlandia. Durante lo scorso anno tutti i paesi dell’Unione Europea hanno migliorato la loro capacità digitale, ma Finlandia, Svezia, Olanda e Danimarca hanno ottenuto il punteggio più alto tra i leader mondiali nella digitalizzazione. In questo modo si stima che il 77% della popolazione svedese possieda conoscenze digitali di base, mentre il 46% è considerato un utente avanzato. Nel corso del 2018 l’e-commerce in Svezia si è evoluto in modo positivo, con una crescita del 15% rispetto al 2017. In termini di valore ha significato un aumento di 10 miliardi di corone svedesi (934,7 milioni di euro), raggiungendo così un fatturato da vendite attraverso l’e-commerce, di 77 miliardi di SEK (7,797 milioni di euro). Le previsioni per il 2019 sono ottimistiche e si prevede un aumento del 14%, raggiungendo così gli 88 miliardi di corone svedesi (8,225 miliardi di euro). Il settore dell’arredamento e della decorazione per la casa, così come l’agroalimentare, lo sport e il tempo libero, sono stati quelli che hanno contribuito principalmente a questo aumento. Il settore agroalimentare si è sviluppato in larga misura grazie agli investimenti nell’e-commerce effettuati dalle grandi catene di distribuzione, come l’ICA, che ha recentemente aperto il suo primo punto vendita dedicato esclusivamente al commercio elettronico. Il settore ha registrato una crescita del 27% nel 2018 e un fatturato di 5,8 milioni di corone svedesi.

Cosmetica francese leader mondiale con il 23% di quota di mercato

Le esportazioni di cosmetici francesi hanno superato i 14,5 miliardi di euro di fatturato nel 2018, con un aumento del 6,3% rispetto all’anno precedente. Inoltre la Francia rimane il leader mondiale nel settore della bellezza con una quota di mercato del 23%. Globalmente il settore genera circa 45 miliardi di euro e impiega 246.000 persone, secondo un recente studio della Federazione delle società di bellezza (FEBEA). A livello nazionale è attualmente il terzo settore che contribuisce maggiormente alla bilancia commerciale, con un alto livello di attrazione per i turisti che approfittano del soggiorno per acquistare prodotti cosmetici. Questa pratica genera circa 3 miliardi di euro, pari al 20% del fatturato totale, favorita dal prezzo dei prodotti francesi che, in media, è superiore del 30% rispetto agli altri paesi. Tuttavia il settore si sta evolvendo e ci sono una serie di minacce che minacciano la sua stabilità. I più importanti sono la consapevolezza ambientale, l’aspetto di applicazioni come Yuka o QuelCosmetic, che analizzano la composizione dei prodotti, o la tendenza degli “influencer” a lanciare i propri marchi di cosmetici. Questi nuovi fattori contribuiscono alla riduzione del consumo di cosmetici tradizionali e optano per nuovi prodotti biologici e artigianali.

Il Regno Unito accoglie oltre un terzo delle tecnologie con maggiore crescita mondiale

Uno studio pubblicato dal governo britannico ha rivelato che gli imprenditori britannici hanno creato 72 imprese con un valore superiore ai 786 milioni di sterline (882,5 milioni di euro) negli ultimi 20 anni, tredici delle quali solo nel corso dell’ultimo anno. Solo Cina e Stati Uniti superano queste cifre, mentre la Germania ne ha 29 e l’India 26. Questo studio accompagna l’impegno delle aziende nel settore tecnologico globale per investire oltre 1,200 miliardi di sterline (1,350 miliardi di euro) nel paese britannico, a cui si aggiunge l’investimento del governo di 153 milioni di sterline (171,79 milioni di euro) per lo sviluppo della computazione quantistica e 205 milioni di sterline (230,18 milioni di euro) dell’industria per studiare l’uso di tecnologie per accelerare la scoperta di nuovi farmaci. Il Consiglio di Economia Digitale, che comprende techUK, Google, Facebook, BT e Apple che ha redatto il documento, conferma che più di un terzo delle aziende in più rapida crescita della tecnologia europea si trovano in Gran Bretagna. Il servizio di consegna cibo Deliveroo, o l’applicazione Revolut trasferimento in conto capitale sono due delle startup britanniche che sono diventate “unicorni” (aziende che raggiungono più di 1 miliardo di dollari).

Il brasile riduce i dazi di sei prodotti

Il Segretariato speciale del commercio estero e degli affari internazionali (SECINT) del Ministero dell’Economia (ME) ha adottato la Portaria 421/2019 del 22 maggio, che stabilisce un dazio del 2% per sei prodotti per uso industriale. L’elenco dei riferimenti soggetti a tale disposizione è costituito da: Magneti metallici (NCM 8505.11.00, Ex 001); Ossidi di titanio (NCM 2823.00.10); MDI polimerico (NCM 3909.31.00, Ex 001); Olio di palma (NCM 1513.29.10); Alcune miscele di sostanze aromatiche (NCM 3302.90.90, Ex 001); Alcuni fusibili (NCM 8535.90.00, Ex 001). Secondo le informazioni pubblicate nel “Diário Oficial da União (DOU)”, questa tariffa ridotta, applicabile per un periodo di 12 mesi, è stata adottata in virtù della Risoluzione GMC 08/2008, un’eccezione che il Mercosur concede in caso di penuria di prodotto nel mercato.

Attenzione su…

di Dagoberto Pierluca Esposito

Incoterms 2020: cosiderazioni in vista della prossima entrata in vigore

A pochi mesi dall’uscita dei nuovi INCOTERMS 2020 non possiamo esimerci anche noi dallo scrivere un articolo che metta in evidenza le possibili novità.
Il tema su cui in verità ci si vuole focalizzare è quello di mettere in guardia il lettore rispetto al tema e a quanto ormai si trova scritto sul web.
Tutte le novità riportate, infatti, non hanno trovato alcuna conferma ufficiale da parte della ICC (International Chamber of Commerce) e, a parere di chi scrive, non sempre trovano una giustificazione logica.
Le informazioni sugli INCOTERMS 2020 che girano sul web sono state riportate da così tanti siti che la stessa ICC ha dovuto inserire sul proprio sito una specifica informativa al fine di mettere in guardia gli utenti dalle fake news specificando che “molte delle informazioni che circolano non sono veritiere e rischiano di fuorviare gli operatori e indurre a errori e disguidi costosi”.
Ed allora è per questo che qui la trattazione non verrà svolta sui nuovi ipotetici INCOTERMS 2020, di cui, come detto, non ci sono notizie ufficiali, ma sarà più una breve descrizione ragionata sulle novità da tanti riportate e non sempre forse coincidenti con reali esigenze di innovazione.
Ovviamente, senza voler peccare di presunzione, quello che seguirà è solo un parere personale fondato sui tanti anni di esperienza maturata dall’Area Dogane, Trasporti e Fiscalità internazionale dello Studio Tupponi, De Marinis, Russo & Partners, di cui io faccio parte e studio degli INCOTERMS stessi, ma non trova nessun appoggio in comunicazioni ufficiali della ICC.
Partiamo subito con l’EXW (“Ex Works” o Resa Franco Fabbrica), quello che per anni è stato (forse per molti lo è ancora) il termine di resa più amato dagli italiani, ma tanto sconsigliato da noi esperti della materia per le ragioni probatorie (prova dell’esportazione o della cessione intracomunitaria) di cui si è discusso ampiamente e che non verranno in questa sede analizzate. In molti hanno detto che potrebbe essere eliminato. Effettivamente presenta delle incongruenze, in caso di esportazione, con il Codice Doganale dell’Unione (CDU, Reg. n. 952/2013 e relativi regolamenti di attuazione). Teoricamente, infatti, secondo tale resa è il compratore che, in caso di esportazione, dovrebbe espletare le formalità doganali necessarie. Ma l’acquirente di un Paese terzo, in quanto soggetto non stabilito nell’UE, non può assumere la veste di esportatore secondo la definizione data dall’art. 1, punto 19 CDU/regolamento delegato (Reg. n. 2446/2015). Però questo non basta, a mio parere, a sostenere una totale eliminazione di questa resa che, sebbene potenzialmente problematica dal punto di vista probatorio, resta comunque molto utilizzata e utilizzabile in altri contesti (nazionale e all’interno dell’UE), senza considerare che gli INCOTERMS hanno rilevanza sugli scambi mondiali.
Del FAS (“Free Alongside Ship” o Franco Lungo Bordo) si è detto che verrà abolito, in quanto poco utilizzato (e aggiungerei poco conosciuto) se non per l’esportazione di prodotti quali minerali e cereali, per fare spazio ad una resa specifica per tali merci. Ma non è chiaro perché ci sia la necessità di abolirlo se già è adeguato all’esportazione di tali prodotti.
La clausola FCA (“Free Carrier” o Franco Vettore), hanno detto in molti, è la più utilizzata in quanto molto versatile e per questo si sta valutando di espanderlo creando due INCOTERMS: uno per il trasporto via terra e un altro per il trasporto via mare. Ma anche in questo caso non comprendo la necessità di sdoppiare (creando a mio parere solo confusione) un termine di resa come FCA che effettivamente è molto versatile e lascia ampio margine di scelta all’operatore oltre che già utilizzabile per tutti i tipi di trasporto.
Sul FOB (“Free On Board” o Franco a bordo) e CIF/CFR (“Cost Insurance and Freight” o Costo, Assicurazione e Nolo e “Cost and Freight” o Costo e Nolo) è vero quanto si dice, vale a dire che spesso non sono da molti utilizzati correttamente in quanto ne è sconsigliato l’utilizzo in caso di merci in containers. In quest’ultimo caso sono, infatti, indicati gli INCOTERMS FCA e CIP/CPT ma gli operatori economici (nazionali e non) spesso non si preoccupano di ottemperare a tale aspetto specifico spesso anche per disattenzione degli altri soggetti che, sebbene non direttamente interessati dal termine di resa come il venditore e compratore, sono comunque coinvolti nel commercio internazionale (ad esempio spedizionieri, operatori logistici, banche, ecc.) generando un uso improprio degli INCOTERMS 2010 specifici per il trasporto via mare. Una modifica sull’aspetto legato al trasporto dei containers via mare con gli INCOTERMS specifici del trasporto marittimo (e per vie d’acqua interne) potrebbe quindi effettivamente essere presa in considerazione.
Si è parlato anche di uno sdoppiamento della clausola DDP (“Delivered Duty Paid” o Reso Sdoganato) in due diversi INCOTERMS: uno da utilizzare quando le merci sono consegnate al terminal (porto, aeroporto, ecc.) nel Paese importatore e l’esportatore si assume il pagamento dei dazi doganali; l’altro da utilizzare quando le merci sono recapitate in un luogo diverso da un terminal di trasporto (ad es. l’indirizzo dell’acquirente) e il venditore si incarica del pagamento dei dazi doganali. Bene, ma cosa cambierebbe rispetto al DDP che già conosciamo? Anche in questo caso non si capisce il motivo per cui sia necessaria una suddivisione che creerebbe solo confusione dal momento che il DDP già può essere utilizzato per consegne in un terminal come in un luogo diverso. Esiste, invece, effettivamente un potenziale problema doganale in importazione in quanto è il venditore/esportatore che dovrebbe espletare anche le formalità doganali di importazione, ma molti Paesi non consentono al soggetto non stabilito di espletare tali operazioni. Dovrebbero quindi essere le parti contrattuali a valutare l’opportunità di utilizzare tale termine di resa in relazione a tale ultimo aspetto.
Si è, infine, parlato di una nuova clausola chiamata CNI (“Cost and Insurance” o Costo e assicurazione). Si è detto che dovrebbe colmare il divario tra FCA e CFR/CIF. Come? Col trasferimento dei rischi del trasporto dal venditore all’acquirente nel porto di partenza, ma sarà l’esportatore a farsi carico dell’assicurazione della merce mentre l’acquirente si farà carico del costo del trasporto. Insomma niente di diverso dal CIF per quanto riguarda rischi e assicurazione con la sola differenza del costo del trasporto in capo al compratore. Ma a questo punto perché non fare un FOB che prevede rischi e costi in capo al compratore dal porto di partenza; e se poi il compratore vorrà stipulare un’assicurazione (consigliata) potrà farlo. Insomma, anche in questo caso, per come descritto, non se ne vede la reale necessità.
Però sui nuovi INCOTERMS 2020 una cosa si può affermare con certezza. L’obiettivo è stato sin dall’inizio quello di avvicinarli ai suoi maggiori utenti: le imprese che hanno a che fare con le spedizioni internazionali e interne (gli INCOTERMS possono essere utilizzati anche nel traffico interno).
E questo avvicinamento, lo dicono fonti ufficiali, avverrà in primis con un linguaggio più semplice e comprensibile da tutti, insomma un linguaggio non strettamente giuridico.
Il lavoro di revisione è stato portato avanti da un Comitato di Esperti, il Drafting Group ICC degli INCOTERMS 2020, formato nel 2016 e composto da nove esperti, di cui cinque legali specializzati in commercio internazionale e quattro imprese utilizzatrici degli INCOTERMS, provenienti dall’Asia (tre esperti), dall’America (due esperti) e dall’Europa (quattro esperti).
Questi esperti hanno raccolto negli anni più di 3.000 richieste e commenti inviati dai comitati nazionali della Camera di Commercio Internazionale, successivamente esaminati e discussi, per arrivare all’approvazione del testo definitivo. I possibili cambiamenti potrebbero sicuramente influenzare gli importatori e gli esportatori in tutto il mondo, ma non possiamo dire con certezza quali eventualmente saranno questi cambiamenti prima di ottobre 2019, data in cui dovrebbe essere pubblicata l’edizione 2020 per poi entrare in vigore il 1° gennaio 2020, contemporaneamente al centenario della Camera di Commercio Internazionale.
Come succede ormai dalla prima pubblicazione avvenuta nel 1936 e come accade ormai ogni dieci anni (negli ultimi quarant’anni le nuove versioni degli INCOTERMS sono entrate in vigore il primo anno di ogni decennio: nel 1980, 1990, 2000, 2010), ci si auspica che gli INCOTERMS 2020 vengano ottimizzati per stare al passo con il panorama del commercio globale in continua evoluzione e sempre più globalizzato e digitalizzato.
Detto ciò, mi preme ora porre l’attenzione sul fatto che gli INCOTERMS non sono solo legati al trasporto, più precisamente non disciplinano solo gli aspetti legati ai costi del trasporto e a chi deve sostenerli tra compratore e venditore, o fino a che punto deve sostenerli il venditore e da che momento spettano al compratore.
Ho notato che spesso è sottovalutato, o addirittura ignorato, l’elemento, a mio parere fondamentale, del rischio. E’ evidente che tale elemento non determinerà particolari problematiche laddove la spedizione vada per il meglio e non emergano contestazioni. Ma il termine di resa, prima di ogni cosa, disciplina il passaggio del rischio del perimento della merce durante la sua movimentazione. Cioè il momento in cui le responsabilità passano dal venditore al compratore.
Conoscere tale momento diventa quindi assolutamente determinante per chi commercia, sia nella scelta del termine di resa da adottare, sia nel comportamento da tenere in caso di contestazioni laddove qualcosa non sia andato per il meglio.
In verità spesso la forza contrattuale di una delle parti è determinante nella scelta e contrattazione del termine di resa, ma, nell’ipotesi in cui ci sia quel margine di contrattazione su tale aspetto, è opportuno sapere bene quali responsabilità si stanno prendendo con la scelta di un termine di resa piuttosto che un altro oltre che fare una scelta in abbinamento anche alle altre normative di cui bisogna tener conto, come può essere quella fiscale che impone la prova dell’esportazione.
A prescindere da quelle che saranno le novità degli INCOTERMS 2020, l’invito rivolto agli operatori economici è quindi quello di non concordare il temine di resa a caso, ma di sceglierlo con cognizione, facendosi affiancare se necessario da un esperto, al fine di adeguarlo alle proprie esigenze ed alle normative eventualmente connesse.
Lo Studio Tupponi, De Marinis, Russo & Partners è a disposizione per fornire tale supporto.