A fine 2016 la Camera dei deputati ha approvato il Testo Unico del vino: una legge che contiene numerose innovazioni e che attribuisce alla filiera nuovi strumenti operativi. E’ rilevante il risultato di avere in una sola norma di 90 articoli tutte le disposizioni grazie all’unificazione, aggiornamento e razionalizzazione delle leggi esistenti. Una tappa cruciale del percorso di innovazione e semplificazione burocratica che mira tra l’altro al miglioramento dell’iter dei controlli. La qualità italiana ne viene rafforzata e le imprese italiane potranno essere ancora più competitive sui mercati internazionali rendendo il vino italiano sempre più forte e all’avanguardia in Europa.
Com’è noto, il settore agroalimentare rappresenta il fiore all’occhiello dell’export italiano e gran parte del merito va sicuramente riconosciuto ai prodotti vitivinicoli, che si consacrano “ambasciatori” del Made in Italy nel mondo.
Alla base della commercializzazione del vino e delle altre bevande alcoliche, sia all’interno dei confini nazionali che internazionali, vi è la conoscenza di un corpus di norme, di origine comunitaria e nazionale, che gli operatori devono necessariamente possedere.
Obiettivo del presente articolo è quello di illustrare i punti salienti di tale normativa, nel tentativo di facilitarne la comprensione.
Relativamente agli aspetti tariffari e fiscali, per l’operatore che voglia intraprendere rapporti commerciali con l’estero è fondamentale, in primo luogo, far riferimento alla classificazione merceologica economica stabilita, e periodicamente aggiornata, dal WCO con il sistema armonizzato, costituito da raggruppamenti di merci in circa 5.000 posizioni a sei cifre. La legislazione comunitaria ha integrato le 6 cifre del sistema armonizzato con ulteriori suddivisioni, giungendo sino a codici di 10 cifre. Si tratta della Nomenclatura combinata e della Tariffa comunitaria integrata (TARIC).
È da tener presente, inoltre, che le bevande alcoliche rientrano nel novero di prodotti alla cui produzione o consumo è applicata a livello europeo un’accisa la quale, a differenza dell’IVA che dipende dal valore del prodotto, è un tributo indiretto basato sulla quantità delle singole produzioni. La movimentazione nazionale e comunitaria di tali prodotti, in regime di sospensione di accisa[1], è soggetta al sistema elettronico di controllo e monitoraggio EMCS, che sostituisce il precedente documento di accompagnamento cartaceo (DAA) e richiede la predisposizione di apposito documento amministrativo elettronico (e-AD). Per la circolazione nazionale e comunitaria dei prodotti ad accisa assolta invece, è richiesto il Documento di accompagnamento semplificato, noto come DAS, debitamente vidimato e convalidato. La medesima documentazione è prescritta nel caso di invio di bevande alcoliche verso un Paese extra-UE, poichè in regime sospensivo è necessaria la procedura EMCS con emissione del relativo documento elettronico. Nel caso di prodotto ad accisa assolta, invece, bisogna distinguere due situazioni differenti:
- se i prodotti escono dal territorio comunitario attraverso la dogana italiana, possono essere emessi i documenti previsti per la circolazione nazionale;
- se i prodotti escono dal territorio comunitario passando dalla dogana di un altro Paese UE, occorre emettere il DAS.
Menzione a parte va fatta per il “piccolo produttore di vino”, ovvero il soggetto che produce in media meno di 1000 hl di vino all’anno. Per i prodotti da questo spediti all’interno dell’Unione europea, o verso Paesi terzi, il Regolamento CE 314/2012 richiede il documento di accompagnamento conforme al modello MVV[2], che sostituisce il cosiddetto DOCO.
Allo scopo di delineare la documentazione doganale generalmente richiesta per il commercio internazionale sono necessari, oltre al documento di accompagnamento corredato di tutte le informazioni necessarie ai sensi del Regolamento CE 436/2009, diversi certificati per l’export, fatte salve le specifiche disposizioni vigenti nei Paesi importatori. Tali certificati sono:
- l’attestato di libera vendita,
- il certificato EUR 1 nel caso di merce di origine preferenziale o, in caso contrario,
- il certificato di origine, nonché, trattandosi di prodotto alimentari,
- i certificati sanitari e fitosanitari.
Talvolta, a questi si aggiungono rapporti di prova analitici, indicati come certificati di analisi.
Per quanto attiene all’IVA, essa, in linea generale, non è applicata su cessioni di beni inviati all’estero, i quali saranno colpiti dalle imposte applicate nel Paese di destinazione, previo espletamento, da parte dell’esportatore, delle specifiche procedure operative[3]. In ultimo, si ricorda all’operatore che le bevande alcoliche da lui commercializzate dovranno essere dotate di una precisa etichettatura. Infatti, la legislazione comunitaria ha posto indicazioni comuni per la commercializzazione delle bevande alcoliche destinate alla circolazione intracomunitaria al fine primario di tutelare e informare il consumatore, demandando poi agli Stati membri il compito di completarne la disciplina. Fermo restando le norme introdotte con il Regolamento CE 1169/11, il Regolamento CE 491/2009, in merito all’etichettatura dei prodotti vitivinicoli, impone la specificazione di titolo alcolometrico volumico effettivo, categoria, provenienza, imbottigliatore, importatore, tenore di zucchero, numero del lotto della partita ed eventuale presenza di allergeni. Invece, per le bevande alcoliche destinate all’esportazione verso Paesi extra-UE è necessario far riferimento alla normativa del Paese di destinazione per individuare le precise indicazioni da riportare sull’etichetta.
Alla luce delle importanti novità introdotte dal Testo Unico quali: la creazione di un registro di controlli con alcune semplificazioni per la tenuta dei registri dematerializzati, introduzione di strumenti per la tracciabilità del vino, lo snellimento burocratico, una definizione più rigorosa di vitigno autoctono, la rivisitazione del sistema sanzionatorio con l’introduzione della diffida e del ravvedimento operoso si punta a sostenere la competitività di un comparto vitale che in Italia offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone.
[1] Per regime sospensivo accise si intende il regime fiscale applicabile alla fabbricazione, alla trasformazione, alla detenzione ed alla circolazione dei prodotti soggetti ad accisa fino al momento dell’esigibilità dell’accisa o del verificarsi di una causa di estinzione del debito d’imposta.
[2] L’utilizzo del nuovo modello MVV è anche applicato ai prodotti trasportati:
– sottoposti ad accisa, la cui aliquota è pari a zero, che siano trasportati esclusivamente all’interno del territorio nazionale;
– assoggettati ad accisa, ma esentati, ai sensi dell’articolo 30 comma 2,del decreto legislativo n. 504/95, dall’obbligo di emettere l’ e-ad;
– non sottoposti ad accisa;
– esenti ai sensi dell’art. 36 comma 3 del decreto legislativo n. 504/95.
[3] Si tratta della procedura della cessione all’esportazione, per i beni inviati in Paesi extra-UE, e della procedura della cessione intracomunitaria, per i beni inviati in Paesi UE.