ESG: quadro normativo di riferimento e breve analisi comparata
Le normative sul reporting di sostenibilità, note come “normative ESG”, si stanno evolvendo non soltanto a livello comunitario bensì globale, seppur non in maniera uniforme e con sensibilità differenziata, per una divulgazione più coerente e trasparente. Se il 2023 è stato un anno significativo per la definizione di alcuni standard di sostenibilità, nel 2024 l’UE e gli Stati Uniti stanno compiendo notevoli sforzi per la raccolta e la rendicontazione standardizzata dei dati ESG. Muoversi nel panorama normativo, con acronimi come SFDR, CSDR, NFRD, non è semplice e le imprese, in particolar modo le PMI, spesso non riescono a comprenderne né il significato né la logica che ne è alla base, soffermandosi sui vincoli e ragionando soltanto con un unico criterio di valutazione: se una determinata norma è vincolante secondo la legge oppure no. Sarebbe invece opportuno chiedersi se l’adeguamento ai diversi aspetti previsti dalle norme, a prescindere dalla obbligatorietà o meno, possa rappresentare per l’impresa un’occasione da sfruttare per rilanciare la propria competitività, soprattutto a livello internazionale.
Si tenga presente che la soglia di attenzione e di sensibilità alla nuova rotta tracciata dell’UE (e non solo) è in alcuni Paesi più elevata rispetto a quella delle imprese italiane e questo, nel medio lungo periodo, potrebbe rivelarsi un gap che, se non colmato per tempo, potrebbe penalizzare il tessuto imprenditoriale italiano.
Il primo aspetto rilevante, quindi, è la conoscenza delle normative europee che, senza entrare nel particolare, rendono l’idea di quanto il futuro sia orientato, a livello politico, economico e sociale, ai temi ESG. Provando a fare un breve excursus tra le normative europee ricordiamo il Regolamento UE sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari (SFDR), in vigore dal 2021 e divenuto obbligatorio dal 1° gennaio 2023, che si prefigge lo scopo di combattere il fenomeno del “greenwashing”, mirando a prevenire affermazioni ambientali fuorvianti e promuovere gli investimenti in prodotti sostenibili per un’economia a basse emissioni di carbonio.
Recentissimo (lo scorso 15 Marzo) è l’accordo sulla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), nota anche come “Supply chain Act”, che imporrà alle grandi aziende di identificare, prevenire e rendere conto degli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente durante le loro operazioni e catene di fornitura. Andando oltre i fornitori di primo livello, questa direttiva rappresenta un passo avanti significativo nella sostenibilità globale e nelle pratiche aziendali etiche. Le aziende devono condurre la due diligence sulle loro attività, filiali e operazioni della catena del valore associate ai loro rapporti commerciali. Si prevede che la CSDDD sarà emanata nel 2024.
Altra direttiva interessante è la Direttiva sul reporting di sostenibilità aziendale (CSRD), entrata in vigore il 5 Gennaio 2023 che ha consolidato gli obblighi in materia di rendicontazione di sostenibilità nell’ordinamento europeo, andando ad aggiornare ed ampliare il raggio di azione della precedente Non Financial Reporting Directive (NFRD).
Ricordiamo poi la Tassonomia UE, oggetto di ampliamento nel giugno 2023, componente fondamentale del quadro finanziario sostenibile dell’UE e che funge da strumento chiave di trasparenza nel mercato. In linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, indirizza gli investimenti verso attività cruciali per la transizione verso un’economia a zero emissioni entro il 2050.
Ultimo cenno a livello comunitario merita poi l’ l’European Deforestation-free products Regulation (EUDR), anch’esso entrato in vigore lo scorso Giugno 2023 e che impone alle imprese interessate l’adeguamento entro dicembre 2024, vieta l’immissione o l’esportazione di prodotti nel e dal mercato comunitario che non rispettino requisiti di legalità e sostenibilità, in particolare imponendo rigide regole di due diligence alle aziende che trattano materie prime come bestiame, cacao, caffè, olio di palma, soia, legno e gomma.
Posto quanto sopra, è opportuno rilevare che anche gli Stati membri si stanno muovendo con iniziative legislative proprie, autonome o conseguenti all’entrata in vigore delle norme comunitarie. Ne è un esempio la recente legge tedesca sulla due diligence nelle catene di fornitura, che obbliga le grandi aziende con legami con la Germania a far rispettare gli standard sociali e ambientali nella loro catena di fornitura globale. La legge, applicabile alle imprese con oltre 1.000 dipendenti in Germania o alle filiali di società straniere registrate in Germania dal 1° gennaio 2024, introduce obblighi rigorosi, tra cui la gestione del rischio, misure preventive e procedure di reclamo obbligatorie.
Allargando il campo di indagine al di fuori dell’Unione Europea, preme far rilevare che anche altri Paesi europei si muovono nella medesima direzione, come ad esempio il Regno Unito.
I requisiti di informativa sulla sostenibilità (SDR) del Regno Unito segnano un passo significativo nella finanza sostenibile e nella responsabilità aziendale. Questo quadro normativo impone alle aziende e alle istituzioni finanziarie di rendere pubblici i propri dati sull’impatto ambientale e sociale. L’SDR include etichette formali sui prodotti, stabilisce standard minimi per i prodotti etichettati e correlati ai fattori ESG e affronta le preoccupazioni del greenwashing. La Financial Conduct Authority (FCA) ha chiuso la consultazione sui DSP nel gennaio 2023, con l’obiettivo di rafforzare la fiducia e la trasparenza negli investimenti sostenibili e introducendo quattro etichette per i prodotti finanziari e una regola anti-greenwashing, offrendo standard e terminologia comuni per una maggiore chiarezza nel campo della finanza sostenibile. Anche il Regno Unito, come l’UE, sta mettendo a punto un proprio sistema di “tassonomia” che mira a migliorare la comprensione dell’impatto ambientale delle aziende e a sostenere il passaggio del Paese verso un’economia sostenibile. Fungerà da quadro di riferimento per i requisiti di divulgazione della sostenibilità, definendo i criteri per attività o prodotti “verdi”. La consultazione prevista per il 2024 definirà e stabilirà ulteriormente i criteri affinché le attività economiche siano considerate sostenibili dal punto di vista ambientale. Sempre per quanto riguarda il Regno Unito si segnala da ultimo lo Streamlined Energy and Carbon Reporting (SECR), obbligatorio per le grandi organizzazioni del Regno Unito, che prende in considerazione sia le emissioni di gas serra che gli sforzi di efficienza energetica. Si prefigge lo scopo di promuovere la trasparenza, il risparmio sui costi e la riduzione delle emissioni, richiedendo una narrazione, una metodologia e un rapporto di intensità nel reporting. Tutte le grandi organizzazioni, comprese le società quotate alla Borsa di Londra, devono conformarsi, con l’obiettivo di espandere la rendicontazione ed incoraggiare iniziative di efficientamento energetico.
In conclusione, è palese ed evidente che l’interesse di una parte del mondo, non soltanto l’Unione Europea, si stia prodigando per tracciare un nuovo corso per la società di domani dove l’impresa, per essere considerata come impresa responsabile e moderna, dovrà sempre più tener conto delle aspettative non soltanto degli azionisti bensì degli stakeholder, quei portatori di interesse che tanto rilevano in riferimento agli impatti esterni delle diverse policy aziendali.
Commercioestero, spiccatamente sensibile ai temi della sostenibilità, da tempo si interessa e si prodiga attivamente per supportare i diversi attori con modalità differenziate, dalla mera divulgazione alla formazione ed alla consulenza sui temi legati alla sostenibilità.