Il sistema Italia nel mondo: uno sguardo sull’India
di Giuseppe De Marinis

L’importanza della tecnica contrattuale quale strategia per competere

Recentemente pubblicato su ICE NEWSLETTER

Mercati come l’India, il Mediterraneo, il Brasile, la Russia e il Sudafrica offrono enormi occasioni di business alle imprese italiane. L’India, in particolare, secondo la Banca mondiale, si trova al dodicesimo posto nella scala internazionale, ma al secondo posto per livello più rapido di crescita, dopo la Cina.

Secondo alcune stime si prevede che nel 2040 l’India raggiungerà un livello di popolazione più elevato rispetto a quest’ultima e il Paese sarà ancora più forte rispetto ad oggi dal punto di vista economico. Un ritmo di crescita destinato a durare nel tempo, elemento che rende l’India un mercato dalle infinite opportunità.1 L’India, infatti, oltre all’aspetto demografico, ha capacità economiche, competenze tecnologiche e scientifiche nel campo dell’ICT, dell’industria medica, delle filiere produttive del tessile e dell’abbigliamento, dei materiali da costruzione e per la conservazione alimentare. Infrastrutture, agroalimentare, biomedicale sono i settori che offrono alle aziende italiane le maggiori opportunità.

Il mercato indiano richiede un’elevata domanda di know-how, esperienza, tecnologia, e competenze specifiche per il loro utilizzo, tutte caratteristiche che contraddistinguono gli imprenditori italiani. Le opportunità in India non sono a favore solo dei grandi gruppi ma ci sono presupposti favorevoli anche per l’espansione di piccole e medie imprese italiane, per queste ultime è maggiore l’importanza da attribuire all’attenzione e alla conoscenza.

 

Alla luce di quanto sopra esposto si evince l’opportunità che il mercato offre e, allo stesso tempo, ci fornisce le basi per poter parlare della nostra finalità: la tecnica contrattuale quale strategia per competere.

Le imprese più o meno strutturate sanno dell’importanza dell’India, conoscono più o meno le esigenze delle controparti, sempre più spesso monitorano i movimenti dei propri concorrenti e, commercialmente, cercano di anticiparne o seguirne le strategie. Oramai le imprese (la stragrande maggioranza) frequentano fiere internazionali e conoscono più o meno le normative di settore ma, dal nostro piccolo osservatorio di consulenti in contrattualistica internazionale, ci rendiamo conto che quello che manca è un’adeguata preparazione alle problematiche della materia.

Si verifica spesso infatti che le nostre PMI non prendono in debita considerazione gli aspetti giuridici, o meglio, non sempre riescono ad individuare la tipologia contrattuale più adatta alla specifica strategia di cooperazione commerciale in fase di implementazione.

Si osservi che questo aspetto è trasversale e abbraccia tutti i mercati in cui gli operatori italiani operano. Se mettiamo da parte infatti la semplice (per così dire) operazione di import-export, della quale torneremo a parlare, le imprese indiane chiedono cooperazione, scambio o cessione di know-how. Spesso non si sa come “vestire” giuridicamente l’esigenza o l’opportunità commerciale e, sempre più spesso, capita di vedere PMI che creano strutture giuridiche sovradimensionate rispetto alla reale esigenza (guidate semmai dalla potenziale opportunità di business prospettata, dai costi contenuti per la costituzione di una Joint Venture in India nonché dal fatto che spesso ciò sia richiesto dalla controparte).

Si evince infatti da alcuni giornali economici che in Italia si sta avviando, seppur ancora in fase preliminare, il fenomeno di IN-SOURCING, intendendo con ciò l’avvio di un processo di disinvestimenti produttivi e/o commerciali avviati nell’ultimo decennio in paesi come l’India, Russia, Usa e Brasile proprio per le difficoltà incontrate e legate ad una strategia giuridica sbagliata.

Di chi è la colpa? Di un mercato imprevedibile? Del Partner che non si è dimostrato all’altezza? Dell’eccessivo entusiasmo imprenditoriale, oppure, come sempre più spesso osserviamo, almeno a livello di PMI, di un mancato approccio professionale da parte degli operatori italiani nell’implementare tali forme di cooperazione e di un’eccessiva e infondata fiducia nel Partner straniero? Forse la risposta, come si usa dire, sta nel mezzo. Di certo, se un’elevatissima percentuale di Joint Venture create all’estero, India compresa, nell’arco dei due anni successivi

alla loro costituzione risultano non operative o addirittura in fase di liquidazione, ciò significa che un errore è sopraggiunto e, a mio avviso, l’errore sta nel non aver ben valutato tra le altre difficoltà, la connessione (come si evince dal grafico sottostante) tra il tipo di alleanza ed il livello di interazione, aspetto che coinvolge, tra i tanti altri aspetti, anche il cross culture management. Siamo sicuri di conoscere adeguatamente il fare impresa da parte degli indiani? Siamo disponibili a trasferire personale e managers in modo da seguire la struttura operativa direttamente in India?

Sembrerà strano ma quando redigiamo gli articles of Association di società costituende in India, si rivelano pochi i casi in cui i managers italiani sono disponibili a trasferirsi ed assumere ruoli attivi in loco2.

Seconda parte

 

 

A posteriori, molte imprese avviano processi inversi di ridimensionamento dell’alleanza. A volte tale passaggio è indolore, in altri casi invece, comporta un costo non indifferente.

Pertanto, riteniamo che la formazione e la riflessione su tali aspetti, sullo strumento giuridico più adatto alle caratteristiche dei Partner coinvolti e alle loro effettive esigenze commerciali, i continui inviti a valutare nella fase iniziale e di pre-avvio del rapporto, siano e rappresentino un importante supporto per meglio implementare e riuscire nei processi di internazionalizzazione. E’ proprio in tale direzione che con l’ICE abbiamo avviato varie iniziative e percorsi formativi sui temi della contrattualistica internazionale, della tecnica doganale del commercio estero e dei pagamenti internazionali.

Fatte queste importanti considerazioni sulla necessità di ben valutare i risvolti giuridici dello strumento contrattuale posto in essere con la controparte, va altresì prestata adeguata attenzione a quelle che sono le difficoltà derivanti dal fatto che, come nel caso dell’India, si opera con ordinamenti giuridici di common law e con i quali, ad apparenti affinità di concetti giuridici, corrispondono differenti interpretazioni date dalla giurisprudenza locale.

Ad essa, va aggiunta la difficoltà linguistica che nel diritto assume valenza fondamentale (il misunderstanding nei contratti internazionali è sempre in agguato).

A ciò si aggiunga che non sempre, come nel caso dell’India, esistono convenzioni bilaterali/multilaterali per il riconoscimento delle eventuali sentenze ottenute dal foro italiano. Mentre infatti il discorso precedente riguarda progetti che vedono cooperazioni più complesse (joint ventures), il problema che stiamo considerando riguarda anche la semplice attività di import­-export (contratto di compravendita internazionale), nonché i contratti di distribuzione commerciale (agenzia commerciale, distribuzione ecc.) e i contratti di licenza in genere.

Un rischio da considerare è l’impossibilità o l’enorme difficoltà, soprattutto per le PMI o per progetti a basso investimento, ad esempio di recuperare un credito in India oppure chiedere un risarcimento per inadempimento contrattuale. Anche in questo ambito registriamo nella nostra attività di consulenza percentuali rilevanti di mancato incasso e/o in generale inadempimenti delle controparti (indiane e non) alle quali non possiamo che consigliare, fatto salvo il tentativo di conciliazione o transizione, l’opportunità di non avviare nessun processo di risoluzione delle controversie, soprattutto se riscontriamo l’assenza di un’adeguata redazione contrattuale.

Lo scopo dei tanti progetti formativi messi in atto dall’ICE come anche la strategia dello studio Tupponi, De Marinis & Partner è di ridurre il rischio dei contenziosi attraverso un approccio strategico nella fase di redazione dei contratti.

Può sembrare strano ma sempre più spesso nei contratti di agenzia commerciale internazionali gli Agenti indiani accettano molto volentieri “l’imposizione” da parte del Preponente italiano della legge italiana, spesso impropriamente consigliata alle PMI. Se è vero infatti che, laddove possibile (dall’analisi degli aspetti giuridici) la legge italiana e il foro italiano sono da preferire alla legge e al foro straniero, in molti casi, come questo, la consapevolezza da parte dell’agente indiano che la normativa italiana ed europea in generale riconosce all’agente adeguate indennità e compensation fa sì che quella che apparentemente sembra una forza contrattuale dell’impresa italiana, nei fatti è totalmente a favore dell’agente indiano.

Un altro esempio si può fare con il contratto di compravendita internazionale: l’aver previsto quale legge applicabile e foro competente quello italiano (perché inseriti in modelli contrattuali standard dell’impresa) fa sì che, di fronte a un mancato pagamento o altro inadempimento contrattuale da parte dell’indiano, l’avvio di un contenzioso in Italia e la sentenza eventualmente a suo favore non potrebbe essere resa esecutiva in India per la mancanza, ad oggi, di una Convenzione per il riconoscimento delle sentenze straniere.

Ecco allora che da questi due esempi si evince l’importanza della conoscenza per competere nei mercati internazionali, in India in questo caso, ormai sempre più distanti dal contesto europeo

 

1

I prodotti Made in Italy secondo Assocamerestero, sia in termini di beni di consumo che strumentali, sono riusciti a ritagliarsi considerevoli quote di mercato, registrando in particolare un aumento su base annua del 23% circa.

2

Diverso è il caso dei managers del nord Europa che si trasferiscono e seguono da vicino i loro investimenti.