Incoterms 2020: cosiderazioni in vista della prossima entrata in vigore
di Dagoberto Pierluca Esposito

A pochi mesi dall’uscita dei nuovi INCOTERMS 2020 non possiamo esimerci anche noi dallo scrivere un articolo che metta in evidenza le possibili novità.
Il tema su cui in verità ci si vuole focalizzare è quello di mettere in guardia il lettore rispetto al tema e a quanto ormai si trova scritto sul web.
Tutte le novità riportate, infatti, non hanno trovato alcuna conferma ufficiale da parte della ICC (International Chamber of Commerce) e, a parere di chi scrive, non sempre trovano una giustificazione logica.
Le informazioni sugli INCOTERMS 2020 che girano sul web sono state riportate da così tanti siti che la stessa ICC ha dovuto inserire sul proprio sito una specifica informativa al fine di mettere in guardia gli utenti dalle fake news specificando che “molte delle informazioni che circolano non sono veritiere e rischiano di fuorviare gli operatori e indurre a errori e disguidi costosi”.
Ed allora è per questo che qui la trattazione non verrà svolta sui nuovi ipotetici INCOTERMS 2020, di cui, come detto, non ci sono notizie ufficiali, ma sarà più una breve descrizione ragionata sulle novità da tanti riportate e non sempre forse coincidenti con reali esigenze di innovazione.
Ovviamente, senza voler peccare di presunzione, quello che seguirà è solo un parere personale fondato sui tanti anni di esperienza maturata dall’Area Dogane, Trasporti e Fiscalità internazionale dello Studio Tupponi, De Marinis, Russo & Partners, di cui io faccio parte e studio degli INCOTERMS stessi, ma non trova nessun appoggio in comunicazioni ufficiali della ICC.
Partiamo subito con l’EXW (“Ex Works” o Resa Franco Fabbrica), quello che per anni è stato (forse per molti lo è ancora) il termine di resa più amato dagli italiani, ma tanto sconsigliato da noi esperti della materia per le ragioni probatorie (prova dell’esportazione o della cessione intracomunitaria) di cui si è discusso ampiamente e che non verranno in questa sede analizzate. In molti hanno detto che potrebbe essere eliminato. Effettivamente presenta delle incongruenze, in caso di esportazione, con il Codice Doganale dell’Unione (CDU, Reg. n. 952/2013 e relativi regolamenti di attuazione). Teoricamente, infatti, secondo tale resa è il compratore che, in caso di esportazione, dovrebbe espletare le formalità doganali necessarie. Ma l’acquirente di un Paese terzo, in quanto soggetto non stabilito nell’UE, non può assumere la veste di esportatore secondo la definizione data dall’art. 1, punto 19 CDU/regolamento delegato (Reg. n. 2446/2015). Però questo non basta, a mio parere, a sostenere una totale eliminazione di questa resa che, sebbene potenzialmente problematica dal punto di vista probatorio, resta comunque molto utilizzata e utilizzabile in altri contesti (nazionale e all’interno dell’UE), senza considerare che gli INCOTERMS hanno rilevanza sugli scambi mondiali.
Del FAS (“Free Alongside Ship” o Franco Lungo Bordo) si è detto che verrà abolito, in quanto poco utilizzato (e aggiungerei poco conosciuto) se non per l’esportazione di prodotti quali minerali e cereali, per fare spazio ad una resa specifica per tali merci. Ma non è chiaro perché ci sia la necessità di abolirlo se già è adeguato all’esportazione di tali prodotti.
La clausola FCA (“Free Carrier” o Franco Vettore), hanno detto in molti, è la più utilizzata in quanto molto versatile e per questo si sta valutando di espanderlo creando due INCOTERMS: uno per il trasporto via terra e un altro per il trasporto via mare. Ma anche in questo caso non comprendo la necessità di sdoppiare (creando a mio parere solo confusione) un termine di resa come FCA che effettivamente è molto versatile e lascia ampio margine di scelta all’operatore oltre che già utilizzabile per tutti i tipi di trasporto.
Sul FOB (“Free On Board” o Franco a bordo) e CIF/CFR (“Cost Insurance and Freight” o Costo, Assicurazione e Nolo e “Cost and Freight” o Costo e Nolo) è vero quanto si dice, vale a dire che spesso non sono da molti utilizzati correttamente in quanto ne è sconsigliato l’utilizzo in caso di merci in containers. In quest’ultimo caso sono, infatti, indicati gli INCOTERMS FCA e CIP/CPT ma gli operatori economici (nazionali e non) spesso non si preoccupano di ottemperare a tale aspetto specifico spesso anche per disattenzione degli altri soggetti che, sebbene non direttamente interessati dal termine di resa come il venditore e compratore, sono comunque coinvolti nel commercio internazionale (ad esempio spedizionieri, operatori logistici, banche, ecc.) generando un uso improprio degli INCOTERMS 2010 specifici per il trasporto via mare. Una modifica sull’aspetto legato al trasporto dei containers via mare con gli INCOTERMS specifici del trasporto marittimo (e per vie d’acqua interne) potrebbe quindi effettivamente essere presa in considerazione.
Si è parlato anche di uno sdoppiamento della clausola DDP (“Delivered Duty Paid” o Reso Sdoganato) in due diversi INCOTERMS: uno da utilizzare quando le merci sono consegnate al terminal (porto, aeroporto, ecc.) nel Paese importatore e l’esportatore si assume il pagamento dei dazi doganali; l’altro da utilizzare quando le merci sono recapitate in un luogo diverso da un terminal di trasporto (ad es. l’indirizzo dell’acquirente) e il venditore si incarica del pagamento dei dazi doganali. Bene, ma cosa cambierebbe rispetto al DDP che già conosciamo? Anche in questo caso non si capisce il motivo per cui sia necessaria una suddivisione che creerebbe solo confusione dal momento che il DDP già può essere utilizzato per consegne in un terminal come in un luogo diverso. Esiste, invece, effettivamente un potenziale problema doganale in importazione in quanto è il venditore/esportatore che dovrebbe espletare anche le formalità doganali di importazione, ma molti Paesi non consentono al soggetto non stabilito di espletare tali operazioni. Dovrebbero quindi essere le parti contrattuali a valutare l’opportunità di utilizzare tale termine di resa in relazione a tale ultimo aspetto.
Si è, infine, parlato di una nuova clausola chiamata CNI (“Cost and Insurance” o Costo e assicurazione). Si è detto che dovrebbe colmare il divario tra FCA e CFR/CIF. Come? Col trasferimento dei rischi del trasporto dal venditore all’acquirente nel porto di partenza, ma sarà l’esportatore a farsi carico dell’assicurazione della merce mentre l’acquirente si farà carico del costo del trasporto. Insomma niente di diverso dal CIF per quanto riguarda rischi e assicurazione con la sola differenza del costo del trasporto in capo al compratore. Ma a questo punto perché non fare un FOB che prevede rischi e costi in capo al compratore dal porto di partenza; e se poi il compratore vorrà stipulare un’assicurazione (consigliata) potrà farlo. Insomma, anche in questo caso, per come descritto, non se ne vede la reale necessità.
Però sui nuovi INCOTERMS 2020 una cosa si può affermare con certezza. L’obiettivo è stato sin dall’inizio quello di avvicinarli ai suoi maggiori utenti: le imprese che hanno a che fare con le spedizioni internazionali e interne (gli INCOTERMS possono essere utilizzati anche nel traffico interno).
E questo avvicinamento, lo dicono fonti ufficiali, avverrà in primis con un linguaggio più semplice e comprensibile da tutti, insomma un linguaggio non strettamente giuridico.
Il lavoro di revisione è stato portato avanti da un Comitato di Esperti, il Drafting Group ICC degli INCOTERMS 2020, formato nel 2016 e composto da nove esperti, di cui cinque legali specializzati in commercio internazionale e quattro imprese utilizzatrici degli INCOTERMS, provenienti dall’Asia (tre esperti), dall’America (due esperti) e dall’Europa (quattro esperti).
Questi esperti hanno raccolto negli anni più di 3.000 richieste e commenti inviati dai comitati nazionali della Camera di Commercio Internazionale, successivamente esaminati e discussi, per arrivare all’approvazione del testo definitivo. I possibili cambiamenti potrebbero sicuramente influenzare gli importatori e gli esportatori in tutto il mondo, ma non possiamo dire con certezza quali eventualmente saranno questi cambiamenti prima di ottobre 2019, data in cui dovrebbe essere pubblicata l’edizione 2020 per poi entrare in vigore il 1° gennaio 2020, contemporaneamente al centenario della Camera di Commercio Internazionale.
Come succede ormai dalla prima pubblicazione avvenuta nel 1936 e come accade ormai ogni dieci anni (negli ultimi quarant’anni le nuove versioni degli INCOTERMS sono entrate in vigore il primo anno di ogni decennio: nel 1980, 1990, 2000, 2010), ci si auspica che gli INCOTERMS 2020 vengano ottimizzati per stare al passo con il panorama del commercio globale in continua evoluzione e sempre più globalizzato e digitalizzato.
Detto ciò, mi preme ora porre l’attenzione sul fatto che gli INCOTERMS non sono solo legati al trasporto, più precisamente non disciplinano solo gli aspetti legati ai costi del trasporto e a chi deve sostenerli tra compratore e venditore, o fino a che punto deve sostenerli il venditore e da che momento spettano al compratore.
Ho notato che spesso è sottovalutato, o addirittura ignorato, l’elemento, a mio parere fondamentale, del rischio. E’ evidente che tale elemento non determinerà particolari problematiche laddove la spedizione vada per il meglio e non emergano contestazioni. Ma il termine di resa, prima di ogni cosa, disciplina il passaggio del rischio del perimento della merce durante la sua movimentazione. Cioè il momento in cui le responsabilità passano dal venditore al compratore.
Conoscere tale momento diventa quindi assolutamente determinante per chi commercia, sia nella scelta del termine di resa da adottare, sia nel comportamento da tenere in caso di contestazioni laddove qualcosa non sia andato per il meglio.
In verità spesso la forza contrattuale di una delle parti è determinante nella scelta e contrattazione del termine di resa, ma, nell’ipotesi in cui ci sia quel margine di contrattazione su tale aspetto, è opportuno sapere bene quali responsabilità si stanno prendendo con la scelta di un termine di resa piuttosto che un altro oltre che fare una scelta in abbinamento anche alle altre normative di cui bisogna tener conto, come può essere quella fiscale che impone la prova dell’esportazione.
A prescindere da quelle che saranno le novità degli INCOTERMS 2020, l’invito rivolto agli operatori economici è quindi quello di non concordare il temine di resa a caso, ma di sceglierlo con cognizione, facendosi affiancare se necessario da un esperto, al fine di adeguarlo alle proprie esigenze ed alle normative eventualmente connesse.
Lo Studio Tupponi, De Marinis, Russo & Partners è a disposizione per fornire tale supporto.