Anno XXIX • N°2 • Aprile-Giugno 2025

EDITORIALE

Una nuova strategia geopolitica come affrontare i dazi di Trump

Giuseppe De Marinis

di Giuseppe De Marinis

Le nuove tendenze protezionistiche e le possibili guerre commerciali pongono sfide sempre più complesse per le imprese che operano con l’estero. I dazi, a lungo minacciati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, hanno provocato una guerra commerciale all’estero continuando ad aumentare la fase di incertezza.
Il “Tycoon” non è estraneo ai dazi, infatti, già la sua precedente amministrazione (2017 – 2021) era stata caratterizzata da una guerra commerciale, che aveva preso di mira in particolare la Cina, ma anche Canada e Messico costringendo questi ultimi a rinegoziare un patto commerciale nordamericano, denominato Accordo Stati Uniti-Messico-Canada, nel 2020.

Ad aprile 2025 Trump annuncia, all’evento “Liberation Day” alla Casa Bianca, dazi di ampia portata. Il tutto basato sulla seguente motivazione: AFFRONTARE UNA SITUAZIONE DI EMERGENZA nazionale ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA).

Nell’annuncio dato, il dazio medio pesato per il commercio americano passa dall’1,4% degli anni di massima liberalizzazione al 28%, vicino ai livelli del periodo di protezionismo ed isolazionismo precedente alle due guerre mondiali. Viene colpita l’Asia ma anche l’UE.

Da un’analisi attenta i numeri evidenziati da Trump per giustificare tali misure non sembrano avere fondamento nella teoria economica, come non trovano fondamento gli obiettivi di tale politica protezionistica e cioè “rimpatriare” la produzione verso gli Stati Uniti e ridurre il deficit federale. Il deficit diminuirebbe solo leggermente, senza contare però gli effetti distorsivi che questa misura potrebbe avere sull’economia statunitense.

Gli economisti sottolineano che questa volta i dazi più incisivi di Trump potrebbero avere conseguenze più gravi sulle imprese e sulle economie di tutto il mondo, e che i prezzi più elevati probabilmente lasceranno i consumatori, americani in testa, a pagarne il prezzo. C’è stata anche una sensazione di contraccolpo per le continue minacce tariffarie di Trump e le relative ritorsioni osservate negli ultimi mesi.

E’ di questi giorni l’annuncio di Trump che gli USA avranno un accordo «equo» con la Cina e che i negoziati con i Paesi «vanno bene», ma la multa Ue ad Apple e Meta mina i rapporti. Il Presidente Trump pronto ad alleggerire i dazi sulle auto. In attesa dei prossimi sviluppi è chiaro però che tutta questa incertezza sulle prossime mosse di Trump non fa bene all’economia mondiale.

Il nostro Studio TUPPONI, DE MARINIS RUSSO & PARTNERS è al servizio delle imprese sia per gli aspetti contrattuali che strategici da adottare in questa fase delicata e di pianificazione oltre che di revisione della strategia di internazionalizzazione.

 


A proposito di…

di Michele Lenoci

La Cina sta migliorando ma è lontana dal crescere del 5% quest’anno

L’approccio di stimolo ai consumatori lanciato dal Governo a settembre sembra aver avuto effetto. Le vendite al dettaglio hanno registrato il dato migliore da ottobre, sono aumentate del 4% rispetto allo stesso periodo del 2024. “Questo aumento è ben al di sopra delle aspettative del mercato”, ha affermato Lynn Song, capo economista della Greater China di ING Think. Il pilastro dello stimolo ai consumatori risiede in un “piano di rinnovamento” per elettrodomestici, automobili, ristrutturazione e decorazione della casa, biciclette ed elettronica. Secondo fonti del Ministero del Commercio cinese, questo piano di sostituzione degli elettrodomestici ha aumentato le vendite nel settore di 27,2 miliardi di euro nel 2024. Pertanto, affermano che quasi 30 milioni di consumatori hanno beneficiato di sussidi per i loro acquisti di elettrodomestici, aumentando il volume delle vendite di 45,85 milioni di unità. Nonostante gli enormi sforzi del governo per sostenere il mercato immobiliare, i prezzi sono peggiorati per la prima volta in sei mesi. Secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica (ONE), i prezzi delle abitazioni nelle 70 città più grandi del Paese, escludendo gli alloggi sovvenzionati dallo Stato, sono scesi dello 0,14% da gennaio. Allo stesso modo, il valore delle abitazioni esistenti è diminuito dello 0,34%, come il mese precedente. Il settore secondario, componente fondamentale dell’economia cinese, ha registrato buone performance nei primi due mesi dell’anno. Il valore aggiunto è aumentato del 5,9% su base annua, rispetto al 5,8% del 2024.

L’economia argentina è in forte crescita

Il mercato dei prodotti di origine vegetale è in crescita, al punto che non si tratta di una moda passeggera e che non è qualcosa legato solo al movimento vegano. Il potenziale è grande: si stima che tra cinque anni il mondo vegan rappresenterà il 7,7% del mercato mondiale delle proteine. Secondo un rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), le vendite al dettaglio in questo mercato quintuplicheranno in cinque anni quelle registrate nel 2020 e raggiungeranno i 162 miliardi di dollari.

La Svizzera dà il via libera alla prima piattaforma blockchain regolamentata

L’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, Finma, ha dato il via libera alla prima piattaforma svizzera regolamentata per asset digitali, tra cui le criptovalute, che opera tramite blockchain. Si tratta di un progetto di BX Digital, una sussidiaria di BX Swiss AG e parte del gruppo tedesco Börse Stuttgart Gruppe, il sesto gruppo borsistico più grande d’Europa. La concessione dell’autorizzazione da parte di Finma per gestire un sistema di negoziazione DLT (Distributed Ledger Technology) è un passo importante verso la definizione di nuovi standard per l’efficienza del mercato dei capitali e l’accesso dei clienti nel settore degli asset digitali, ha scritto BX Digital in una dichiarazione. BX Digital ha richiesto l’autorizzazione per gestire un cosiddetto piccolo sistema di negoziazione DLT, che non gli consente di superare i valori soglia definiti nell’Ordinanza sulle infrastrutture finanziarie, sottolinea Finma in una nota.

Qatar: oltre 1.200 stanze di hotel pronte a entrare sul mercato nel 2025

Il numero di stanze di hotel nel Paese era di 29.400 stanze nel 2021, 37.600 stanze nel 2022, 39.200 nel 2023 e 41.800 lo scorso anno, secondo l’ultimo Real Estate Research Fourth Quarter di ValuStrat. Il turismo ha raggiunto massimi record, superando i cinque milioni di visitatori durante il quarto trimestre, in aumento del 25% annuo, trainato principalmente dai viaggiatori del GCC, ha osservato Anum Hassan, responsabile della ricerca in Qatar presso ValuStrat. Oltre 1.200 stanze di hotel sono destinate a entrare nel mercato nel 2025, con la maggior parte concentrata nei segmenti a 4 e 5 stelle. I nuovi hotel inaugurati nel quarto trimestre includono The OQ (142 suite) nel quartiere Waterfront di Lusail, West Walk Retaj (265 camere) ad Al Waab e The Muse (61 chiavi) a Fox Hills South. Lo stock totale di ospitalità stimato da Qatar Tourism era di 39.828 stanze. Circa il 67% del totale era costituito da hotel da 4 a 5 stelle, mentre il 7,5% era classificato nella categoria da 1 a 3 stelle, mentre il restante 25,5% era costituito da appartamenti alberghieri. Da gennaio a dicembre circa il 43% degli arrivi stranieri proveniva dai paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, mentre il 21% da altri paesi asiatici tra cui l’Oceania, l’8% arabi, il 3% dalle Americhe e il 2% dai paesi africani. L’occupazione media degli hotel era del 67%, con un aumento del 15% annuo. Il calendario degli eventi del Qatar ha caratterizzato un mix eterogeneo di sport, F1, concerti internazionali, raduni e festival locali, contribuendo in modo significativo all’attività turistica del paese.

Tunisia primo fornitore UE di abbigliamento professionale

La Tunisia risulta essere per l’anno 2024 il 1° fornitore dell’Unione Europea per l’abbigliamento professionale, con una quota di mercato del 17,44%, il paese si classifica anche al 4° posto tra i fornitori dell’UE per tessuti in tela di jeans con una quota di mercato dell’8,21%, secondo i dati pubblicati dal Centro Tecnico Tessile della Tunisia (Cettex). Per quanto riguarda l’abbigliamento professionale, la Tunisia ha esportato, nel 2024 verso la UE circa 9,7 milioni di pezzi per un valore di 317,7 milioni di euro, ovvero ad un prezzo medio di 32,66 euro: si assiste pertanto nel 2024 ad una dinamica di prezzo crescente ma una riduzione delle quantità; le esportazioni tunisine verso l’UE mostrano però un calo del 7% in numero di pezzi nel 2024. Circa il 76% delle esportazioni tunisine di abbigliamento professionale sono destinate a 3 mercati principali: Francia (35,6%), Germania (30,7%) e Italia (9,7%). Per quanto riguarda i jeans invece, la Tunisia ha esportato nell’UE 16,84 milioni di pezzi nel 2024 per un valore di 357,6 milioni di euro, mostrando quindi una crescita rispettivamente del 4,26% sia per i pezzi in quantità e del 3,53% sia in valore rispetto al 2023 (Fonte ICE Tunisi).

Hong Kong. Aumento del 60% del volume di commercio di alcolici dopo il taglio delle tasse

Un taglio delle tasse sugli alcolici di Hong Kong ha prodotto risultati “incoraggianti” dopo che il volume di commercio è aumentato del 60 percento da quando il governo ha tagliato i dazi lo scorso ottobre. Il segretario per il commercio e lo sviluppo economico Algernon Yau Ying-wah ha affermato che da quando il capo esecutivo John Lee Ka-chiu ha annunciato nel suo discorso politico lo scorso ottobre il taglio delle tasse sugli alcolici, il valore del commercio è aumentato di 1,5 volte a gennaio e il volume del 60 percento. “I risultati sono stati incoraggianti da quando abbiamo tagliato le tasse sugli alcolici. È un buon inizio, – ha affermato – speriamo di diventare un hub commerciale per gli alcolici e di incrementare il business dei settori della ristorazione, dell’ospitalità, della logistica e dell’immagazzinamento lungo la filiera”. (Fonte South China Morning Post)

 


Attenzione su…

Quale Futuro per il CBAM? Proposte di modifiche e scenari futuri

di Alessandro Russo

Sin dalla sua entrata in vigore (1 Ottobre 2023) il Regolamento (UE) 2023/956 relativo al Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), ha suscitato perplessità e stimolato numerose discussioni in merito all’opportunità di apportare delle modifiche e, soprattutto, di posticipare quantomeno l’entrata in vigore dell’obbligo di pagamento dei certificati CBAM.

È dar tener presente che, fermo restando la permanenza, per tutto il 2025, degli obblighi di dichiarazione trimestrale sulle emissioni previsti dal Reg.2023/956, la Commissione Europea, anche in virtù dei mutati scenari geopolitici, è intervenuta lo scorso 26 febbraio 2025 con il c.d. “Pacchetto Omnibus” che contiene una serie di proposte di deroghe e modifiche relative non soltanto al CBAM, ma anche ad altre norme riguardanti ad esempio le Direttive CSDD e CSRD.

Senza entrare in questa sede nel merito delle proposte di modifica relative a queste ultime, vale la pena sottolineare che, in merito al CBAM, il pacchetto Omnibus prevede una serie di proposte finalizzate a semplificare il meccanismo previsto dal Regolamento CBAM.

In particolare, il pacchetto Omnibus prevede la possibilità di introdurre una soglia pari a 50 tonnellate annue di beni soggetti a CBAM al di sotto della quale non sarebbe previsto né l’obbligo di presentare la dichiarazione CBAM, né di acquisire i relativi certificati. La proposta emerge dai risultati dell’analisi effettuata dai quali si evince che pur esentando tutte le imprese al di sotto di tale soglia (pari a circa il 90% delle imprese), si riuscirebbe comunque a coprire il 99% delle emissioni. Per le imprese sotto soglia infatti la proposta di modifica prevedrebbe soltanto un obbligo di identificazione come “importatori occasionali” al momento della presentazione della dichiarazione doganale e di chiedere lo status di dichiarante CBAM autorizzato soltanto al superamento della soglia.

La proposta di modifiche della Commissione prevede inoltre delle modifiche al Regolamento CBAM tese a semplificare, per tutti coloro che resterebbero nel campo di applicazione CBAM, relative all’autorizzazione, agli obblighi di comunicazione e alla responsabilità finanziaria e soprattutto al calcolo delle emissioni. Aspetto quest’ultimo, che ha mostrato evidenti difficoltà già nella fase delle dichiarazioni trimestrali previste per il periodo transitorio (dal 1° ottobre 2023 al 31 Dicembre 2025), difficoltà dovute sia alla difficoltà di ricevere dati sulle emissioni dai fornitori Extra UE sia alla complessità del calcolo delle emissioni incorporate. Tra le modifiche proposte risulta infatti la possibilità di delegare l’accesso e la presentazione della dichiarazione CBAM a consulenti ambientali specializzati.

Altra modifica di rilevo proposta è quella di eliminare il requisito del Paese di origine, consentendo quindi di richiedere nella Dichiarazione CBAM una riduzione del numero di certificati CBAM considerando anche il prezzo del carbonio pagato in un Paese terzo diverso da quello di origine.

Altre modifiche rilevanti riguardano la possibilità di spostare la data di presentazione della Dichiarazione CBAM (fissata dal Regolamento al 31 maggio) al 31 Agosto, nonché lo spostamento di un anno dell’obbligo di acquisto dei certificati CBAM (quindi al 2027) fermo restando l’adempimento degli obblighi di natura finanziaria che resterebbe al 2026.

Tuttavia è bene tener presente che il Pacchetto Omnibus rappresenta soltanto una proposta della Commissione Europea che necessita poi di un iter legislativo per poter arrivare effettivamente alle modifiche. A tal proposito si evidenzia che il Consiglio ha già dato parere favorevole lo scorso 26 Marzo mentre il Parlamento Europeo si è espresso il 1 Aprile a favore dell’utilizzo della procedura d’urgenza che dovrebbe notevolmente accelerare l’iter di approvazione delle modifiche proposte dalla Commissione Europea.

Fermo restando quanto detto, il Pacchetto Omnibus non è intervenuto in merito all’obbligo (che resterebbe previsto soltanto per chi supera la soglia) di ottenere lo status di dichiarante CBAM autorizzato. Infatti lo scorso 17 Marzo 2025 è stato pubblicato il Regolamento di esecuzione (UE) 2025/486 (che stabilisce le modalità di applicazione del Regolamento (UE) 2023/956). Posto che dal 1° gennaio 2026 solo gli operatori economici in possesso della qualifica di dichiarante CBAM autorizzato potranno importare beni classificati nei codici doganali che rientrano nell’ambito di applicazione dalla normativa CBAM, il nuovo Reg 2025/486, in vigore dal 28 Marzo, definisce in dettaglio le condizioni e le procedure per ottenere la qualifica di dichiarante CBAM autorizzato, specificando le norme relative alla presentazione delle domande e al processo di autorizzazione.

A tal proposito il Regolamento di esecuzione 2025/486 stabilisce i criteri necessari per ottenere lo status di dichiarante CBAM autorizzato. I requisiti, dettati dall’art. 17 del Reg. 2023/956, sono i seguenti:

  • Assenza di violazioni gravi o ripetute: il richiedente non deve aver commesso, nei cinque anni precedenti la domanda, violazioni gravi o ripetute delle normative doganali e fiscali, delle disposizioni sugli abusi di mercato o delle norme stabilite dal Regolamento CBAM e dai relativi atti delegati ed esecutivi. Inoltre, non deve aver riportato condanne definitive per reati gravi legati alla sua attività economica;
  • Capacità finanziaria e operativa: il richiedente deve dimostrare di avere le risorse economiche e organizzative necessarie per adempiere agli obblighi previsti dal Regolamento CBAM;
  • Stabilimento nello Stato membro: l’operatore economico deve avere sede nello Stato membro in cui presenta la domanda;
  • Possesso di un codice EORI: il richiedente deve disporre di un codice EORI valido.

Per quanto riguarda l’assenza di violazioni gravi o ripetute il Regolamento di esecuzione specifica che la previsione non si applica soltanto al richiedente (l’impresa), bensì anche ai soggetti interni all’impresa che si occupano di questioni riguardanti il CBAM, ai suoi dirigenti e ai soggetti che esercitano una funzione di controllo. Inoltre non devono esserci state decisioni amministrative o giudiziarie aventi ad oggetto violazioni di normative doganali e fiscali riguardanti il Regolamento CBAM nei tre anni precedenti alla domanda né devono risultare precedenti per reati gravi legati all’attività economica a carico delle persone coinvolte negli ultimi 5 anni.
In merito invece alla valutazione della capacità finanziaria e operativa il Regolamento prevede l’accertamento da parte dell’autorità competente che il soggetto richiedente non sia soggetto a procedure di insolvenza, sia in regola con il pagamento di dazi doganali e/o altre imposte relative all’importazione di merci nonché la verifica della capacità finanziaria del soggetto richiedente e l’idoneità dell’organizzazione amministrativa a gestire gli obblighi previsti dal Regolamento CBAM.

In conclusione si può affermare che, nonostante le intenzioni palesate da parte delle Istituzioni UE di avviare una sorta di rallentamento in merito all’implementazione degli obblighi previsti dal Regolamento CBAM, del quale è una prova la serie di proposte del Pacchetto Omnibus, permane comunque l’intenzione di continuare nell’alveo del percorso tracciato, come dimostrato dall’entrata in vigore dell’ultimo Reg. 2025/486.

Si raccomanda quindi massima attenzione sugli ulteriori sviluppi che interverranno nel prossimo futuro per restare aggiornati sugli effettivi adempimenti a carico delle imprese interessate.

 

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Le verifiche che le imprese debbono fare a seguito dell’entrata in vigore dell’IA Act

 

a cura della Redazione

Per essere conformi all’AI Act, le imprese devono adottare strategie dettagliate in diverse aree:

  1. Valutare il livello di rischio: classificare i loro sistemi IA in base ai criteri di rischio definiti dall’AI Act.
  2. Implementare standard di sicurezza e trasparenza: assicurarsi che i sistemi IA ad alto rischio soddisfino requisiti rigorosi di sicurezza e trasparenza.
  3. Conformità ai dati e alla privacy: garantire che il trattamento dei dati sia conforme al GDPR.
  4. Cyber Security: rafforzare le misure di sicurezza per proteggere i sistemi di IA da attacchi informatici e violazioni dei dati.
  5. Non discriminazione: garantire che gli algoritmi di IA siano privi di pregiudizi e non creino discriminazioni, adottando pratiche di verifica e revisione.
  6. Sorveglianza Umana: stabilire meccanismi per un’efficace supervisione umana dei sistemi di IA. Specialmente quelli ad alto rischio, per prevenire o mitigare eventuali danni.
  7. Documentazione e registrazione: mantenere una documentazione dettagliata dei loro sistemi di IA e delle procedure di valutazione del rischio.

 

Oltre agli aspetti già menzionati è essenziale per le imprese adottare una politica interna specifica sull’utilizzo dell’IA (IA Policy).

Questa dovrebbe includere linee guida chiare su come gli algoritmi di IA vengono sviluppati, utilizzati e monitorati all’interno dell’Ente.

Inoltre, è importante prestare attenzione alla formazione del personale, al rispetto dei diritti dei lavoratori.

 

RIASSUMIAMO COSA LE IMPRESE DEBBONO FARE DALL’USCITA DELL’I.A. ACT

 

1)

Le imprese possono cominciare a evidenziare i software e le tecnologie che utilizzano.

L’obiettivo di tale attività è INDIVIDUARE QUELLI CHE POSSONO ESSERE CONSIDERATI SISTEMI DI IA AI SENSI DEL IA ACT.

Per fare ciò è necessario far riferimento alla DEFINIZIONE che dà l’IA Act secondo cui sono soggetti alle sue regole “tutti i sistemi automatizzati progettati per generare, a partire da un input che ricevono un output che può consistere in previsioni, contenuti, raccomandazioni o decisioni”.

2)

Nel momento in cui si sono evidenziati i sistemi utilizzati dall’impresa è necessario classificarli a seconda del livello di rischio che li caratterizza.

L’IA Act prevede regole differenti a seconda della tipologia di rischio che il singolo sistema presenta:

  1. rischio inaccettabile per cui il sistema è vietato già 6 mesi dopo l’entrata in vigore dell’IA Act. Vi rientrano ad esempio: i sistemi che impattano sui diritti fondamentali perché utilizzano tecniche subliminali o manipolative o consentono l’identificazione immediata delle persone in luoghi aperti al pubblico;
  2. rischio alto per cui il sistema è consentito, ma è soggetto a regole stringenti come, ad esempio, sistemi utilizzati come componenti di sicurezza di prodotti o in specifiche aree come le risorse umane o i servizi pubblici o privati essenziali.

Sono divisi in due tipologie:

1) prodotti o componenti di sicurezza di un prodotto, armonizzato a livello UE – come i videogiochi,

2) sistemi di IA che operano in una delle otto aree ad alto rischio. Tra queste alcune sono funzioni tipiche delle imprese come ad esempio: la gestione e selezione delle risorse umane e la formazione.

Le Regole UE dell’IA Act scattano in questo ambito 24 mesi dopo la sua entrata in vigore (36 mesi per i prodotti ed i componenti di prodotto).

 

Le imprese si devono assicurare che questi sistemi siano esaminati attentamente prima dell’uso, che siano facilmente controllabili e che sia garantita una supervisione umana adeguata.

CONSIGLIO: per i sistemi ad “alto rischio” si consiglia che le imprese adottino una “policy d’uso” come ad esempio: indicare chi tra i dipendenti è autorizzato ad utilizzarli;

 

  1. rischio basso per cui il sistema è consentito e sottoposto solo ad obblighi di trasparenza o informativi COME AD ESEMPIO: i sistemi destinati ad interagire con le persone fisiche o a generare contenuti, per cui l’utente deve essere informato che quello con cui interagisce è un sistema di IA o che il contenuto è stato generato tramite l’IA;
  2. rischio minimo per cui il sistema è consentito senza alcun obbligo specifico ed implicano molte applicazioni di IA comuni come ad esempio i filtri di IA per le foto;

 

  1. un certo numero di norme è dedicato al General purpose AI system cioè sistemi educati con una grande quantità di dati in grado di eseguire una grande quantità di attività come ad esempio fa Chat GPT: consentiti, ma sottoposti ad una stringente regolamentazione.

 

Come si pongono i sistemi di IA generativa come ad esempio Chat GPT o Gemini di Google Messangers rispetto all’IA Act?

Si noti che l’IA Act non menziona espressamente tali sistemi, ma prevede una serie di norme specifiche per tutti – “General purpose AI model” cioè i sistemi di IA “generativa” che possono essere classificati a rischio semplice o sistemico.

La capacità di apprendere di continuo in modo autonomo, come fa Chat GPT, è uno degli indici che può portare a definire un modello come a RISCHIO SISTEMICO quindi da trattare con molta attenzione anche se la definitiva classificazione sarà complessa e frutto dell’incrocio di più requisiti indicati dall’IA Act.

CONSIGLIO: le imprese possono adottare dei “codici di condotta” o di “buone pratiche” applicando all’IA policy uguali a quelle applicate ai sistemi ad alto rischio.

Per predisporre tali “codici di condotta” le imprese hanno 12 mesi dall’entrata in vigore dell’IA Act, dopo quella data si applicheranno i “General purpose AI models”.

3)

Effettuate le due precedenti analisi L’IMPRESA DEVE PASSARE A QUALIFICARE IL PROPRIO RUOLO RISPETTO AL SISTEMA DI IA CHE UTILIZZA.

 N.B. Per fare questo l’impresa, basandosi sull’IA Act, che prevede norme differenziate a seconda di come opera, deve sapere individuare a quali di queste attività appartiene:

  1. “fornitore”,
  2. “importatore”,
  3. distributore,
  4. utilizzatore di un sistema di IA.

Le obbligazioni più vincolanti sono a carico dei “fornitori” cioè coloro che progettano e sviluppano il sistema di IA.

I “fornitori” sono obbligati, tra l’altro a:

  1. sottoporre tale sistema a una valutazione di conformità prima dell’immissione in commercio;
  2. a predisporre un sistema di gestione dei rischi connessi al suo utilizzo finalizzato ad individuarli, valutarli e abbassarne la rischiosità;
  3. a predisporre un’adeguata documentazione tecnica per garantirne un uso conforme da parte degli utilizzatori.

Alcune obbligazioni sono poste anche in capo ai distributori ed agli “importatori” che devono tra l’altro verificare il rispetto delle norme da parte dei “fornitori”.

Gli utilizzatori devono tra l’altro garantire che l’utilizzo dei sistemi avvenga in modo conforme alla documentazione tecnica predisposta dai “fornitori”.

4)

Inoltre, le imprese si dovranno far carico di predisporre una formazione adeguata per i propri lavoratori che, a seconda della “gravità” del rischio dovrà essere più approfondita e scrupolosa.

Su questo tema l’IA Act obbliga gli utilizzatori ad adottare misure tecniche ed organizzative per garantirne l’impego in modo conforme alle istruzioni del “fornitore” e ad affidarne la sorveglianza a persone fisiche con adeguata competenza e formazione.

È opportuno prevedere policy aziendali per disciplinare l’uso autonomo, da parte dei singoli dipendenti, di sistemi di IA open source nell’attività lavorativa.

5)

Sarà opportuno inserire nei contratti con i “fornitori” di software e di tecnologia clausole apposite che traggono ispirazione dall’IA Act e che tendono ad assicurare un adeguamento con l’IA Act.

COME AD ESEMPIO la verifica dei Manuali d’uso e manutenzione e dell’utilizzo dei software di IA.

A tal proposito È OPPORTUNO CHE I “FORNITORI” DICHIARINO:

  1.  se quello “fornito” può essere considerato un sistema di IA e quale ne è il livello di rischio;
  2. che si è proceduto a tutte le obbligazioni previste dalle nuove Norme Europee in riferimento al sistema in questione;

6)

Inoltre, è opportuno che vengano previste garanzie e manleve per danni e conseguenti sanzioni ricevute come conseguenza dell’uso del sistema di IA oggetto del contratto.

 

SANZIONI

Dall’entrata in vigore del Regolamento le imprese avranno 2 anni di grace period per adeguarsi.

Dopo di che le imprese che non rispettano le norme dell’AI Act saranno passibili di sanzioni:

  1. sanzioni fino a 30 milioni di euro o il 6% del fatturato annuo globale per violazioni gravi come l’inosservanza dei requisiti relativi ai dati e pratiche illecite;
  2. sanzioni fino a 10 milioni di euro o il 2% del fatturato annuo globale per la fornitura di informazioni false, inesatte o incomplete;
  3. sanzioni fino a 20 milioni di euro o il 4% del fatturato annuo globale per altre tipologie di non conformità.

 

Queste fasce sanzionatorie enfatizzano l’importanza del rispetto delle normative dell’AI Act per le imprese.