Come evidenziato dalla Circolare N. 20/2024 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), il ”…Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale (TULD) è stato approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, più di 52 anni fa.
L’entrata in applicazione del nuovo codice doganale dell’Unione (Reg.to UE 952/2013), lo ha ulteriormente reso desueto considerato che oltre all’innovazione degli istituti doganali si è passati da procedure cartacee su documenti doganali a operazioni completamente digitali e che lo stesso rapporto tra amministrazione doganale ed operatori è stato ridisegnato alla luce anche dell’introduzione del diritto al contraddittorio, dell’obbligo di motivare le decisioni sfavorevoli nonché di una notevole apertura ad istituti volti ad agevolare la compliance degli operatori.”
Da ultimo, non va dimenticato che anche le riforme organizzative che hanno interessato l’amministrazione doganale, hanno inciso nel rendere il TULD non più attuale.
Con la Legge delega n.111 del 9.08.2023 – Delega al Governo per la riforma fiscale – il Governo è stato delegato ad emanare, anche in materia doganale, uno o più decreti legislativi.
In particolare, per la materia doganale, la legge delega ha previsto il riassetto del quadro normativo in materia doganale fissandone principi e criteri direttivi.
In attuazione della predetta legge delega, è stato quindi predisposto ed emanato il Decreto Legislativo 26 settembre 2024, n. 141, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3.10.2024 entrato in vigore il successivo 4 ottobre il quale:
- all’articolo 1 dispone l’approvazione delle disposizioni contenute nell’allegato 1 allo stesso decreto legislativo (disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione) e
- all’articolo 8, lettera f, abroga il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, 43, il D.lgs 8 novembre 1990, n. 374 e altre disposizioni non più attuali o riprese nel nuovo testo.
“Le disposizioni complementari al codice doganale dell’Unione, strutturate in 7 titoli per un totale di 122 articoli, a fronte dei più di 350 del TULD, disciplinano marginalmente gli istituti doganali, e introducono novità in materia di:
- rapporto doganale, in cui è stata chiarita l’inclusione dell’IVA tra i diritti di confine;
- rappresentanza doganale;
- riallineamento delle disposizioni nazionali a quelle unionali in tema di accertamento, con il potenziamento dello Sportello unico doganale e dei controlli (SUDOCU);
- riordino delle procedure di liquidazione, accertamento, revisione dell’accertamento e riscossione, precedentemente disciplinate con il decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374;
- abrogazione dell’istituto della controversia doganale;
- riordino e semplificazione del quadro normativo sanzionatorio con una diversa razionalizzazione delle sanzioni penali per il contrabbando e di quelle amministrative” (cfr Circolare N. 20/2024 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM).
Possiamo dire, in estrema sintesi che le modifiche principali riguardano, innanzitutto il sistema sanzionatorio:
- nuove sanzioni dal 100% al 200% dei diritti di confine, in caso di errori nella dichiarazione riguardanti la qualità, la quantità, l’origine o il valore;
- inclusione dell’IVA tra i diritti di confine;
- maggiore rischio di contestazioni penali in caso di illeciti superiori a 10.000 euro;
- ampliamento delle misure interdittive;
- 2 nuove tipologie di contrabbando (per omessa dichiarazione e per dichiarazione infedele);
- ampliamento delle previsioni di applicazione della confisca anche in relazione ai reati più gravi in materia di accise;
- revisione del sistema sanzionatorio accise;
- Potenziamento dello Sportello unico doganale e dei controlli (SUDOCO).
La formulazione della norma è tale per cui qualsiasi differenza riscontrata in qualità, quantità, valore ed origine si configura come reato di contrabbando, e se la differenza impositiva è superiore ai 10.000 euro comporta la confisca della merce e la segnalazione alla Procura della Repubblica.
La norma nazionale complementare al Codice Doganale Comunitario, all’ Articolo 27 – Diritti doganali e diritti di confine dispone che:
“…tra i “diritti doganali” costituiscono “diritti di confine” oltre ai dazi all’importazione e all’esportazione previsti dalla normativa unionale, anche le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione tra cui i diritti di monopolio, le accise, l’imposta sul valore aggiunto e ogni altra imposta di consumo dovuta all’atto dell’importazione a favore dello Stato”.
L’iva, le accise e le altre imposte di consumo riscosse all’importazione costituiscono diritti di confine. L’inclusione dell’IVA nei diritti di confine comporterà inevitabilmente un numero spropositato di casi in cui la differenza di diritti sia superiore a 10.000 euro e il sistema informatico di invio delle dichiarazioni doganali renderà problematico dimostrare l’assenza di dolo, oltre a bloccare lo svincolo delle merci in attesa – nel migliore dei casi – della pronuncia del PM, nel peggiore – del risultato del procedimento giudiziario.
Delle indagini e dei relativi reati derivanti dall’evasione dei diritti di confine se ne occuperà la Procura europea (EPPO) in quanto lesivi degli interessi finanziari dell’UE a partire, appunto da una soglia di valore di 10 mila euro. La Procura Europea (EPPO), infatti, è un organismo indipendente dell’Unione Europea incaricato di indagare, perseguire e portare in giudizio reati quali frodi, corruzione e riciclaggio che ledono gli interessi finanziari dell’UE.
Si tratta di una posizione che potrebbe essere interpretata in contrasto con il concetto di equità sanzionatoria prevista dal CDU, con le ripetute sentenze di Cassazione sull’IVA (da ultimo quella del 4 luglio – Sezioni unite – Ordinanza 18284/2024) e che avranno, come logica conseguenza, il risultato di dirottare i traffici su Dogane di altri Paesi europei dove le norme sono concepite per favorire l’economia nazionale, con un grave danno – oltre che per noi – per la logistica e per l’Erario.
Sul tema si pronuncerà la Corte Costituzionale alla quale spetterà valutare la legittimità costituzionale della norma.
La norma disciplina anche le due ipotesi di esclusione dell’Iva dai diritti di confine, vale a dire operazioni di importazione in regime 42 ed operazioni immesse in libera pratica senza assolvimento dell’Iva perché vincolate al regime del deposito Iva.
Con riferimento al regime 42, la Commissione Europea, nel documento 12.2.2014 COM (2014) 69, ha evidenziato che l’obbligo generale di garanzia per tutti gli operatori o rappresentanti fiscali che vogliono avvalersi del regime doganale 42, costituisce un onere sproporzionato per le imprese corrette, oltre a mettere a repentaglio il corretto funzionamento del mercato interno, perché annulla la flessibilità e l’attrattiva della semplificazione offerta da questo regime. La Commissione ha pertanto precisato che un siffatto sistema dovrebbe essere applicato unicamente agli operatori a rischio.
Si evidenzia che, analogamente a quanto previsto in materia dalle disposizioni sui depositi IVA (art.50-bis, comma 4, lett. b), dl n.331/93, la cauzione non è richiesta ai soggetti in possesso dell’autorizzazione prevista dall’ art .38 del Regolamento U E n. 952/2013 (soggetti certificati AEO) ed a quelli esonerati ai sensi del l’ articolo 51 delle disposizioni complementari.
L’articolo 78 disciplina il Contrabbando per omessa dichiarazione
L’articolo 79 – Contrabbando per infedele dichiarazione
Come detto il nuovo impianto sanzionatorio supera il concetto di contrabbando intra ispettivo ed extra ispettivo e introduce le due fattispecie di cui agli articoli 78 e 79 rispettivamente di omessa e infedele dichiarazione, avvicinandosi così al sistema sanzionatorio degli altri illeciti tributari penale e amministrativi.
L’art.78 – omessa dichiarazione – ricomprende al suo interno tutte le fattispecie di omissione dolosa all’adempimento dell’obbligo dichiarativo in relazione ai regimi doganali non specificatamente disciplinati dalle norme particolari di cui ai successivi articoli (artt. 80, 81, 82 e 83) sottraendo le merci, in qualunque modo e a qualunque titolo, alla vigilanza doganale e al pagamento dei connessi diritti di confine.
L’ultimo comma dell’art.78 riprende, in linea con il previgente TULD, la previsione dell’inversione dell’onere della prova, considerando il detentore delle merci non unionali nella zona di vigilanza terrestre, che non sia in grado o rifiuti di dimostrarne la legittima provenienza o presenti prove che non risultano attendibili, salva la dimostrazione del possesso della merce in conseguenza di altro reato da lui commesso, responsabile di contrabbando.
La fattispecie disciplinata dall’art.79, contrabbando per dichiarazione infedele, si realizza, invece, in tutte le ipotesi in cui, nonostante la parte abbia presentato la dovuta dichiarazione, viene rilevata una differenza, dolosamente voluta, con riguardo alla qualità, quantità, origine e valore delle merci o ad ogni altro elemento occorrente per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti dovuti.
La nuova disciplina, riconducendo nel concetto di omessa e infedele dichiarazione tutte le fattispecie, precedentemente frammentate in diverse disposizioni, ha perseguito lo scopo di razionalizzare la fattispecie criminosa del contrabbando; nelle generiche fattispecie proposte rientrano, infatti, tutte le ipotesi di omessa o infedele dichiarazione doganale non diversamente disciplinate, da chiunque poste in essere.
Come detto, le disposizioni in parola, così come le successive di cui agli articoli 80, 81,82 e 93 devono essere lette in stretta relazione con l’art.96 – sanzioni amministrative – in quanto solo in tale disposizione il legislatore ha specificato gli elementi di discrimine tra le fattispecie penali e quelle amministrative.
Considerato che il discrimine è stato individuato nell’elemento oggettivo del valore dei diritti di confine dovuti – cosicché, indipendentemente dalla valutazione della presenza o meno dell’elemento soggettivo del dolo, a fronte di una condotta in cui i diritti di confine dovuti, distintamente considerati, sono inferiori a 10.000 euro si applica la sanzione amministrativa mentre se il valore dei diritti è superiore alla sopradetta soglia, anche di un solo euro, si applica la sanzione penale, salvo diversa valutazione dell’Autorità giudiziaria – l’entità della sanzione, in assenza di circostanze aggravanti, per entrambe le fattispecie è stata fissata dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti.
Resta evidente la differenza della disciplina e delle conseguenze tra la multa, in caso di condotta penalmente rilevante, e la sanzione amministrativa, in presenza di condotta che rientra tra le fattispecie con minor disvalore sociale.
Considerato quanto sopra, i funzionari verificatori devono sempre procedere, nel rispetto anche delle disposizioni di cui all’art.107, all’invio della notizia di reato alla competente Autorità giudiziaria a fronte delle violazioni in questione e in presenza delle situazioni di seguito indicate:
- almeno uno dei diritti di confine dovuti supera la soglia di 000 euro, non è necessario effettuare alcuna valutazione sulla presenza o meno dell’elemento soggettivo del dolo in quanto attività propria della già menzionata Autorità. Qualora la predetta Autorità non ravvisi una condotta dolosa verrà applicata la sanzione amministrativa di cui al comma 14 dell’art.96;
- indipendentemente dal superamento della soglia dei 000 euro, è stata constatata una delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 88, comma 2, lettere da a) a d).
Altro aspetto da sottolineare è la disciplina della rappresentanza doganale di cui all’ Articolo 31
Gli articoli 31, 32 e 33 sostituiscono l’art. 40 del TULD con modifiche significative del particolare istituto della rappresentanza.
La normativa doganale unionale in materia di rappresentanza (art. 18 CDU) afferma il principio secondo cui chiunque può nominare un rappresentante per le sue relazioni con le autorità doganali.
La rappresentanza può essere diretta, se il rappresentante doganale agisce in nome e per conto di un’altra persona, oppure indiretta, se il rappresentante doganale agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona.
Tuttavia, nel caso in cui l’operatore non sia stabilito nel territorio unionale, lo stesso deve farsi rappresentare, per l’espletamento delle formalità doganali, esclusivamente da un soggetto stabilito nel territorio unionale che agisce in rappresentanza indiretta (comma 4 dell’art. 31). A corollario di quanto previsto nel citato comma e preso atto delle indicazioni riportate dai servizi della Commissione, si evidenzia che l’operatore non stabilito è il solo soggetto per conto del quale viene effettuata l’operazione doganale. Pertanto, il rappresentante indiretto nominato dall’operatore non stabilito non può nominare, a sua volta, una terza persona come rappresentante doganale, poiché in siffatta situazione quest’ultimo non agirebbe per conto dell’effettivo importatore della merce. È infatti chiaramente desumibile dalla lettura dell’art. 18 c.1 del CDU che il rappresentante doganale, al di là della spendita o meno del proprio nome, può agire per conto di una ed una sola persona, che è l’importatore della merce.
Nessuna condizione è invece richiesta per l’esercizio della rappresentanza “indiretta” che, pertanto, può essere esercitata da “qualsiasi persona nominata da un’altra persona” affinché la rappresenti presso le autorità doganali per l’espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale.
Con l’adozione delle disposizioni complementari, il legislatore nazionale, nell’ambito della facoltà di cui all’art. 18 c. 3 del CDU, ha ora disciplinato l’istituto della “rappresentanza diretta” subordinandola al rilascio di un’abilitazione, secondo le specifiche condizioni indicate nella norma.
Tali condizioni sono considerate assolte per gli spedizionieri doganali, C.A.D e operatori economici autorizzati AEO (da intendersi i soggetti autorizzati almeno ai sensi dell’art. 38 c. 2 lettera a) del CDU). Per i predetti soggetti l’abilitazione può essere rilasciata contestualmente all’ottenimento dello status in questione, qualora il soggetto ne faccia espressa richiesta, e permane in relazione al mantenimento del medesimo status.
Si sottolinea che, in caso di rappresentanza diretta, il dichiarante è il soggetto in nome e per conto del quale è presentata la dichiarazione doganale mentre in caso di rappresentanza indiretta il dichiarante è invece il rappresentante in quanto agente in nome proprio e per conto di chi gli ha conferito mandato e, pertanto risponde dell’obbligazione doganale. Questo rende inevitabilmente la rappresentanza indiretta delicata e potenzialmente rischiosa per un operatore doganale.
Lo studio Tupponi, De Marinis, Russo & Partners nell’ambito dell’area “Dogane, trasporti e fiscalità” fornisce consulenza specialistica alle imprese nelle problematiche e procedure doganali, nella pianificazione e compliance doganale anche relativamente all’impatto del Decreto Legislativo 26 settembre 2024, n. 141 ed ai rischi di contenziosi doganali per le imprese.